La sede milanese della Riva Historical Society ha ospitato un dibattito sulla storicità delle imbarcazioni, con particolare riferimento alle unità a motore. Si è parlato di certificati, attestati, barche originali e di false repliche.
Di Paolo Maccione – Gennaio 2012
Il 12 dicembre 2011 un gruppo di personaggi coinvolti nel mondo delle imbarcazioni storiche si è ritrovato a Milano, ospiti presso la sede della Riva Historical Society, per dibattere di barche storiche, certificazioni, repliche … e barche ‘tarocco’. Durante l’incontro sono emerse alcune importanti considerazioni, che potranno fornire spunti per futuri confronti tra chi opera in questo mondo.
I PRESENTI
Al dibattito erano presenti Pier Maria Gibellini, Presidente della RHS (Riva Historical Society), Gianalberto Zanoletti, Presidente dell’ASDEC (Associazione Scafi d’Epoca e Classiche), Gian Pio Ottone, Presidente della commissione aeronautica e motonautica dell’ASI (Automotoclub Storico Italiano), Mario Pecci, ex campione di motonautica e collezionista di barche storiche, Ito Giani, segretario del CONI di Varese, Riccardo Villarosa, giornalista esperto di scafi d’epoca e Paolo Maccione, direttore della web-magazine Barche d’Epoca e Classiche.
Il vigevanese Gian Pio Ottone, dirigente industriale in pensione classe 1935, ex pilota di motocross, motonautica e autocross, fa parte della commissione dell’ASI dal 1967 e durante l’incontro di Milano ha riassunto i numeri di questo sodalizio. L’ASI, fondata nel 1966, ha 180.000 soci ed è associata alla FIVA (Federation International Des Vehicules Anciens), alla quale aderiscono ben 63 Stati. L’ASI Italia è anche vicepresidente della FIVA. Quasi tutti i soci ASI sono possessori di un mezzo, il 60 per cento è costituito da auto, il 40 per cento da moto a cui si aggiungono circa 70 barche e 40 aerei. Lo stesso Ottone possiede 9 barche da corsa e 180 moto da cross (la più importante collezione al mondo). La sede dell’ASI si trova a Torino presso una villa settecentesca, ristrutturata con circa 2,5 milioni di euro, la cui concessione scadrà nel 2036. Ogni socio versa una quota annuale pari a 42 euro. L’organo di informazione dell’ASI è la rivista “La Manovella”, stampata in 200.000 copie.
Non c’è che dire … senza nulla togliere al grande lavoro svolto nell’ultimo ventennio dalla RHS e dall’ASDEC, associazioni riconosciute dal CONI, bisogna ammettere che l’ASI, al confronto, è un gigante. A questo aggiungiamo, come ha ricordato il campione motonautico Mario Pecci, che “la grande differenza di numeri tra i veicoli motorizzati e le imbarcazioni deve essere comunque temporalizzata”. “La nautica”, continua Pecci, “paga infatti un ritardo di alcune decine di anni rispetto alla motorizzazione su strada. Le vie di terra sono sempre aumentate in maniera costante, contrariamente a quanto avvenuto per gli acquadromi”.
CERTIFICATI O ATTESTATI?
Durante il dibattito i partecipanti hanno anche affrontato il tema dei certificati rilasciati dall’ASI e quelli rilasciati dall’ASDEC e dalla RHS. L’ASI ha facoltà, per conto dello Stato Italiano, di rilasciare veri e propri “certificati di identità” dei vari veicoli, usati per reimmatricolare auto e moto che altrimenti verrebbero considerate rottami. Anche la RHS, presso la cui sede è stato costituito uno dei club milanesi dell’ASI, rilascia le certificazioni per le barche dei propri associati. Ma il dirigente Ottone, pur riconoscendo un elevato grado di serietà nei criteri di valutazione adottati sia dall’ASDEC di Zanoletti che dalla RHS di Gibellini, le considera semplici attestazioni. Chi ha ragione? In fondoquesti due sodalizi, considerata la grande esperienza acquisita nel tempo, possono infatti stabilire il grado di originalità di un motoscafo Riva, anche in virtù di un mandato ufficiale rilasciato dallo stesso cantiere Riva. Non dimentichiamo, inoltre, che lo stesso Pier Maria Gibellini, oltre ad essere il massimo storico dei Riva, è anche certificatore di queste barche per conto dell’ASI.
Un altro tema affrontato durante il dibattito riguardava l’immissione sul mercato di copie di motoscafi Riva. Qualche anno fa un cantiere americano ha iniziato infatti a proporre a catalogo il Vuong 1, un runabout in mogano e acacia ispirato al Riva Aquarama. Il rischio è che, magari tra 25 anni, il motoscafo in questione venga ‘spacciato’ per essere un Riva, mentre invece si tratta di un falso. L’incauto acquisto da parte di ignari compratori, magari convinti di acquistare proprio un Riva, potrà essere evitato solo grazie a sodalizi come la RHS e l’ASDEC, che potranno certificare che non si tratta di un Riva originale.
Gibellini ha infine fornito una definizione di “originale” e di “ripresa di produzione”. Originale viene considerato quello scafo che non è mai uscito dalla produzione di uno stesso cantiere, pur modificando stile e materiali di costruzione. “Ripresa di produzione” viene invece considerata la realizzazione, differita nel tempo, di un modello Riva del quale era stata interrotta la produzione.