Serena Galvani, presidente dell’Associazione per il Recupero delle Imbarcazioni d’Epoca, insieme a Francesco Foppiano, cultore di marineria, socio ARIE e restauratore, esprimono il loro punto di vista riguardo il costituendo R.I.E., il nuovo Registro Imbarcazioni Epoca.
Di Serena Galvani e Francesco Foppiano – Luglio 2012
Fotografie Archivio Barche d’Epoca e Classiche
LA TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO NAVALE E I TEMPI ITALIANI
Finalmente, dopo anni di silenzio da parte delle Istituzioni, si torna a discutere sulla tutela del patrimonio storico-nautico italiano. Il primo passo importante in merito, lo ricordiamo, fu fatto dalla nostra Associazione nel lontano 2003, quando, dopo aver sensibilizzato l’opinione pubblica e il Parlamento su questo tema e aver collaborato alla stesura di un articolato di legge, ARIE riuscì a ottenere l’approvazione di un D/L sulla tutela delle imbarcazioni di valore storico e di tradizione, D/L che, successivamente, fu inserito nelle Leggi Quadro del Ministero per i Beni Culturali.
Da allora, nonostante una piccola parte del nostro patrimonio nautico sia stato vincolato, non si è ancora riusciti a instaurare tra pubblico e privato quella pragmatica collaborazione in materia che ci saremmo aspettati. Ad oggi, infatti, non esiste né un Registro che classifichi il patrimonio navale né il riconoscimento di una categoria di esperti in materia. Ogni eventuale vincolo, in base alla normativa, deve essere richiesto dall’armatore dell’imbarcazione che si desidera vincolare e sottoposto dal Ministero al parere delle Sovrintendenze con tempi burocratici ‘italianamente’ infiniti.
IL CONFRONTO CON L’ESTERO E LA NASCITA DEL R.I.E.
Siamo insomma ancora lontani dalla più concreta mentalità francese e da quella di tutto il Nord Europache, più di noi, agevola e finanzia i restauri di barche storiche e di tradizione avendo, anche a livello statale, un altro, e ci sia consentito ‘più alto’, senso della marineria nazionale.
Abbiamo pertanto accolto di buon grado l’idea di uno specifico Registro che potesse censire, catalogare e tutelare le imbarcazioni storiche meritevoli di essere annoverate tra i Beni Culturali e sulla cui costituzione si sta muovendo, da un paio d’anni, l’architetto Guido Rosato della Soprintendenza per i Beni Culturali di Genova, che cogliamo l’occasione per ringraziare in questa lettera aperta.
Rosato ha promosso alcuni incontri tra le varie Associazioni di settore per cercare di trovare un accordo su questo futuribile Registro e ha divulgato una prima ipotesi di regolamento per quello che, si auspica, diventi il R.I.E. (Registro Imbarcazioni d’Epoca).
I SUGGERIMENTI DI A.R.I.E.
Leggendo la stesura di questo primo atto concreto, vogliamo esprimere alcuni suggerimenti motivati dalla nostra esperienza nel campo del recupero e del restauro delle imbarcazioni di valore storico e di tradizione ripercorrendo, approfondendoli, alcuni concetti già espressi nell'articolato di legge che ARIE caldeggiò a suo tempo al Parlamento.
IL R.I.E. ESCLUDE LE BARCHE IN VETRORESINA
Il primo scoglio da superare, in materia, è decidere a quali barche consentire di iscriversi a tale Registro. La bozza del regolamento ad oggi stilata, prevede che siano meritevoli di iscrizione tutte le barche, purché mantenute originali, varate prima di 50 anni fa, mentre lo vieta alle barche costruite in serie e a quelle i cui materiali di costruzione siano dissimili dal legno e dal metallo.
ARIE non è pienamente d’accordo con questa prima discriminazione, che escluderebbe dalla tutela molte barche. Sinceramente riteniamo restrittivo e poco democratico definire ‘meno nobili’ le barche costruite in serie (siano esse in vetroresina o in lamellare su stampo), in quanto una barca in vetroresina di 50 anni fa era, per l’epoca, non solo all’avanguardia, ma rappresentava spesso un’importante tappa evoluzionistica.
ESCLUSE ANCHE LE DERIVE STORICHE
Pensiamo all’Hatteras 41 Convertible del 1960, prima barca al mondo di una certa dimensione ad essere costruita in vetroresina (prima di lei in vetroresina si costruivano solo piccole barche di 5-6 metri) attraverso il cui progetto si arrivò a dimostrare che si poteva costruire anche un Fisherman di oltre 40’. Oppure alle derive come le classi FD (Flying Dutchman) o FJ (Flying Junior) che hanno scritto la storia agonistica della Vela italiana, costruite in lamellare prima e in vetroresina poi. Questi esempi di barche sarebbero esclusi se si vietasse alle barche in serie di essere considerate d’epoca.
BARCHE ‘DI INTERESSE COLLEZIONISTICO’
Oltre a ciò, per una maggiore e completa tutela del nostro patrimonio nautico e al fine di non escludere imbarcazioni di valore la cui vita sia collocata in un arco temporale compreso tra i 25 e i 50 anni d’età, riteniamo utile istituire una seconda fascia di età. Al di là infatti di alcuni casi che sarebbero già, a nostro avviso, degnissimi di tutela, come la mitica ‘Azzurra’, ancor giovane depositaria di un grande primato nazionale che ha consentito all’Italia di partecipare alla nostra prima Coppa America, o il Ganbare di Doug Peterson, che negli Anni Settanta ha rivoluzionato il mondo dello IOR e il cui progetto, come minimo, sarebbe degno essere tutelato, dobbiamo considerare che anche le barche comprese in questa seconda fascia d’età prima o poi diventeranno d’epoca e dunque anche ad esse sarebbe coerente dare una ‘parola’, ovvero una ‘dignità’ e non chiamarle solo ‘vecchie’. Questa seconda categoria potrebbe essere inquadrata come di ‘interesse collezionistico’, esattamente come avviene nel settore automobilistico, e a essa potrebbero afferire solo barche eccezionalmente ben tenute, originali, di un certo significato e ammesse a insindacabile giudizio di un futuro e obiettivo Comitato.
IL PARAGONE CON LE AUTOMOBILI D’EPOCA
Insomma, se non vogliamo parlare di ‘modernariato’, forse dobbiamo prendere ad esempio quanto è stato fatto finora nel campo dell’automobilismo d’epoca, settore che negli ultimi anni ha subìto un impulso notevole, allargando il suo spettro anche alla nautica, e che usufruisce di aiuti e agevolazioni importanti da parte degli Enti statali. In buona sostanza, non considerare le barche in vetroresina o lamellare su stampo sarebbe come vietare alle utilitarie costruite in grande serie di iscriversi all’ASI, cioé vietare a una Fiat Topolino di essere considerata d’epoca.
Il parco delle auto storiche non è ristretto alle fuoriserie dei più blasonati costruttori: perché dovrebbe esserlo quello delle imbarcazioni? Non dimentichiamo che le nostre radici sono nel lavoro delle barche e nelle barche da lavoro …
I FATTORI DI CLASSIFICAZIONE
Uno scopo importante del R.I.E. è quello di classificare le barche e dare a ciascuna un valore di storicità. La bozza, finora redatta, cerca di attribuire all’imbarcazione un valore secondo un giudizio meramente intrinseco, valutando singolarmente ogni componente e ogni accessorio dell’imbarcazione, analizzandone la sua originalità e premiando le barche che sono il più possibile conformi all’originale e quelle mantenute con le componenti dell’epoca del varo. Ma, a nostro parere, vi sono molti altri fattori, oltre quelli oggettivi, che devono essere valutati per attribuire a una barca un valore di storicità. Alludiamo agli aspetti soggettivi, ovvero, ad esempio, alla rarità della barca, al tipo, al lavoro o alle imprese che ha effettuato, alle regate vinte, all’importanza e perché no, alla ‘storicità’ dell’armatore. Per fare un esempio sarebbe strano che un gozzo levantino di 6 metri, conservato originale in tutte le sue parti e con una vita di pesca alle spalle risulti avere un valore di storicità più alto di quello di un J Class che ha partecipato alla Coppa America seppur, magari, più volte restaurato e rimaneggiato nel corso degli anni.
GLI ARMATORI? ‘TUTORI PRO TEMPORE’
Riteniamo però anche che il valore di storicità non debba essere mutuato sulla base dei coefficienti attribuiti dalle varie Associazioni che organizzano regate o gare di regolarità alle imbarcazioni che vi partecipano, ossia in base ai ‘rating’ applicati per consentire a imbarcazioni diverse di correre ad armi pari. Questo tipo di regole tende infatti, ad esempio, ad avvantaggiare l’handicap della barca il cui armatore ha deciso di utilizzare cime a tre legnoli, consoni su una barca del 1920, ma a penalizzare lo sfidante che, invece, ha deciso di utilizzare cime in spectra su una barca analoga al fine di renderla più performante e risulta ben lontano dall’attribuzione di un valore storico che invece deve tendere ad esortare gli armatori a mantenere le barche il più possibile fedeli all’originale, preservandone quanto più intatta possibile la loro storicità e rendendoli consapevoli di essere i ‘tutori pro tempore’ di beni che appartengono alla collettività. Maggiore è il valore storico di ogni singola barca, maggiore dovrà essere la tutela della barca stessa e i benefici che la barca potrà ottenere.
LA ‘TARGA ORO’ E LA ‘TARGA ARGENTO’
Sempre prendendo spunto dal campo automobilistico, si potrebbero, per esempio, istituire dei riconoscimenti alla stregua di quanto fa l’ASI, che attribuisce agli esemplari conservati o restaurati nel migliore dei modi e quanto più fedeli all’originale, l’ambita “targa oro” e agli esemplari in ottimo stato la “targa argento”.
Vi è poi un punto non facile da superare: quello delle modifiche imposte dai Registri di classificazione che, per mantenere naviganti vecchie glorie del passato, obbligano a sistemi di sicurezza come battagliole, modifiche della compartimentazione, saldature in luogo di rivettature, ecc… Passaggi, tutti, che alterano il disegno e lo spirito originale di una barca abbassandone il suo valore di storicità, ma che sono una scelta obbligata se non si vuole mettere la barca in un museo. Tali modifiche ‘imposte’, secondo noi non dovrebbero gravare sulla valutazione della barca.
UN REGOLAMENTO MENO RIGOROSO
Ancora ARIE ritiene che il regolamento per certificare la storicità della barca debba essere meno rigoroso, poiché è normale che in diversi decenni le barche abbiano subito migliorie, trasformazioni, deformazioni e cambiamenti. Per esempio un veliero nato 90 anni fa per portare il marmo, e poi modificato in barca da diporto, non deve essere causa di scandalo, perché una trasformazione come questa può aver fatto sì che quell’imbarcazione sia arrivata ai giorni nostri e non abbia seguito la sorte di tutto il naviglio commerciale che viene demolito quando non è più profittevole. Leggendo attentamente la bozza del Regolamento, risulta inoltre essere molto complicata, e ottenibile solo attraverso indagini ‘distruttive’, la certificazione delle componenti originali o di quelle rifatte con metodologie e materiali conformi all’originale. Una perizia accertativa in tal senso sarebbe non solo lunga e costosa, ma potrebbe attribuire o togliere erroneamente molto punteggio a seconda delle capacità o degli ‘umori’ di chi la esegue.
LA QUESTIONE DELLE AGEVOLAZIONI
Da un punto di vista fiscale poi le barche di valore storico dovrebbero godere di agevolazioni dallo Stato e sulle assicurazioni e, perché no, sulle assegnazioni di posti barca. Pensate a quanto sarebbe interessante vederle ormeggiate sui waterfront dei centri storici delle città di mare o lacustri! La loro integrazione col paesaggio rappresenterebbe la spontanea creazione di piccoli musei galleggianti che valorizzerebbero la memoria del luogo e dei beni nautici, mutuando quel reciproco scambio tra Terra e Mare che segna tutta la nostra storia e sottolineando, anche a scopo didattico, l’eccellenza del sapere delle antiche arti marinaresche che ci appartengono.
In attesa che questo Registro prenda corpo e diventi concreto ed efficiente, auspichiamo nel breve periodo, e con la speranza che le Associazioni di settore si muovano solo nell’interesse della salvaguardia storica, ARIE è pronta a fornire alle Istituzioni tutta l’esperienza maturata in anni di attività affinché il R.I.E. possa essere il più corretto ed equo possibile.
GALLERY
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Aria, con a bordo Serena Galvani, presidente di A.R.I.E.
Armelea