Dopo un restauro integrale compiuto in Liguria dalla Sanremo Ship il motoryacht di 27 metri Destiny, varato nel 1959 dallo storico cantiere inglese Camper & Nicholsons, è tornato a navigare. Per oltre due anni quasi cento persone sono state coinvolte nelle attività di recupero, che hanno riguardato la parziale sostituzione delle lamiere in acciaio dello scafo e il rifacimento degli interni, in ciliegio e teak ultracentenario. Tra le aziende coinvolte anche la divisione Yachting della ditta fiorentina Riccardo Barthel.
Di Paolo Maccione (p.g.c. Vela e Motore) – Febbraio 2018
Fotografie Archivio Sanremo Ship
Destiny, il progetto numero 826 di Camper & Nicholsons
Il recente ritorno in mare di Destiny, ex Don Juan, ha rappresentato uno dei più importanti recuperi di un motoryacht d’epoca realizzati a livello internazionale. L’imbarcazione, lunga 27 metri, è stata varata con il nome di Destiny II l’8 aprile 1959 dallo storico cantiere inglese Camper & Nicholsons per l’armatore Noel Woodward. Il progetto numero 826 di C&N rappresenta il primo grande yacht a motore costruito in acciaio a lamiere chiodate con sovrastrutture in alluminio realizzato dopo la seconda guerra mondiale, classificato dai Lloyds 100 A1+LMC, capofila di una serie di scafi simili varati nel ventennio successivo. Tra il 1959 e il 1967 la barca ha fatto base a Garelochhead, in Scozia. Nel 1968 è stata acquistata da Ronald Lyon, poi rivenduta nel 1975 a J.S. Fry e, nel 1978, a Gordon R. Antrobus. Successivamente è appartenuta a una famiglia napoletana che la teneva a Cannes. Dopo essere stata adibita a crociere charter, nel 2013 il suo nuovo armatore francese l’ha trasferita dalla Francia a Sanremo per sottoporla ad un refitting integrale compiuto dalla Sanremo Ship, società del gruppo Permare costruttrice dei famosi Amer, superyacht già insigniti di numerosi riconoscimenti tra cui il premio “Barca dell’anno” conferito nel 2009 all’Amer 116’ in occasione del 49esimo Salone Nautico di Genova.
Smantellata pezzo per pezzo
Una volta in Liguria Destiny è stata smantellata e smontata pezzo per pezzo, dalla campana di bordo ai rinvii del timone. Dalla sentina, a colpi di martello pneumatico, è stata asportata la vecchia zavorra in piombo, ghisa e ferro annegato nel cemento, oggi sostituita con nuovi pesi in piombo uniformemente distribuiti sia sul fondo che lateralmente, in base a nuovi calcoli di stabilità. Successivamente si è proceduto alla sostituzione di circa il 50 per cento delle lamiere, saldando quelle nuove alle originali ritenute ancora recuperabili. Il vecchio ponte in legno, che poggiava direttamente sui bagli in acciaio, è stato smantellato in favore di uno in acciaio, ricoperto da nuove doghe in teak. Col passare dei mesi si calcola che tra carpentieri, falegnami, ebanisti, meccanici, saldatori, pittori, tappezzieri, ecc. siano state impiegate tra le 80 e le 100 maestranze.
Ciliegio e teak ultracentenario dall’Indonesia
L’ingegnere imperiese Giulio Riva, complice un trascorso professionale nei Registri Navali italiano e tedesco, ha affiancato Rodolfo Amerio, amministratore del cantiere, nelle fasi di smantellamento, interventi allo scafo e progettazione dell’impiantistica. L’architetto perugino Stefano Tini, già coinvolto nell’interior design dei modelli Amer, ha curato la progettazione degli interni, realizzati in ciliegio ricoperto da una leggera patina per renderlo lucente e al contempo invecchiato. Per i mobili, le pannellature e i cielini è stato scelto, oltre al ciliegio, il teak laccato bianco con venature aperte, mentre per i pagliolati è stata impiegata una partita di legno di teak ultracentenario proveniente dall’Indonesia, a tratti apparentemente impreciso e imperfetto, ma pur sempre magnifico nelle tonalità e nel colore. La divisione Yachting della ditta fiorentina Riccardo Barthel si è occupata specificatamente di realizzare i bagni di bordo, la cucina e di fornire lampade, applique e plafoniere. In passato l’azienda era stata già fornitrice di materiali e accessori per barche storiche come Deva, Patience, Lulworth e La Spina.
Due motori, due cabine, undici nodi di velocità
La doppia motorizzazione Gardner, presente fin dal momento del varo, è stata completamente smontata da tecnici inglesi, spedita in Inghilterra, revisionata, rispedita in Italia, rimontata e riverniciata con il colore originale dell’epoca. Questa navetta dislocante oggi è in grado di sviluppare una velocità di crociera di circa 9 nodi e 11 nodi di velocità massima. L’armatore di Destiny ha voluto a bordo solo due cabine, una per sé e l’altra per eventuali ospiti, oltre agli alloggi per l’equipaggio. Suo obiettivo è stato quello di non esibire lo sfarzo di un transatlantico, ma l’eleganza del tempo in cui è nata. Tra le concessioni alla modernità l’aria condizionata. Egli ha anche voluto circondarsi di oggetti personali raccolti durante i suoi viaggi o provenienti dalle sue abitazioni, dando vita a una sorta di stile ‘fusion’ unico nel suo genere. All’inizio dell’estate 2016, dopo oltre 2 anni e mezzo di intensi lavori, Destiny è tornata ufficialmente in mare con il nome di Destiny ‘s’, scelta dettata dalla nuova iscrizione nel registro inglese. Dalla base di Sanremo è poi partita per una serie di crociere tra il Mar Tirreno e la Francia, senza comunque dimenticare di tornare periodicamente presso la Sanremo Ship che con questo restauro ha sicuramente garantito la navigabilità di Destiny ancora per parecchi decenni.
La scheda tecnica
Anno varo: 1959
Cantiere: Camper & Nicholsons – Southampton (UK)
Progetto: Camper & Nicholsons – Southampton (UK)
Lunghezza: 27,12 mt.
Larghezza: 5,18 mt.
Pescaggio: 3,13 mt.
Dislocamento: 135,7 tons
Stazza lorda: 113,49 tons
Motorizzazione: 2 x 152 bhp Gardner 8L3 (226,78 Kw)
Materiale scafo: acciaio
Serbatoi gasolio: 14.300 lt
Serbatoi acqua: 7.400 lt
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